Sunday, June 24, 2012

Heaven cries over Bergen

Credo che non sarei più in grado di svegliarmi, aprire la finestra per arieggiare la stanza ed essere accecata dal sole potente e dal clima umido e afoso del Mediterraneo, per poi far cadere lo sguardo sulla casa dei vicini no appena l'effetto abbagliante della luce di mezzaestate svanisce, come ai vecchi tempi.
Da un paio di mesi la finestra di camera mia rimane costantemente aperta, giorno e notte. Oggi, dovendo stare fuori fino a prima di cena, l'ho chiusa perchè temevo che la pioggia potesse entrare e appena tornata a casa ho sentito un' abissale mancanza di ossigeno, come quando ci si ritrova in un ascensore assieme ad altre otto persone. Poco tempo fa la moltitudine di acqua che è precipitata dal cielo era talmente tanta che si poteva udire tutta la sua pesantezza e il suo carico, tanto da coprire il volume della radio. E il cielo, il paesaggio, il verde... Tutto ciò riesce sempre a distogliere la mia attenzione da quello che faccio. Solo il fatto di ritrovarmi a di sbattere gli occhi sulle montagne (in un certo senso quasi "costretta" perchè è impossibile vedere altro nei dintorni) mi compiace.
Se potessi descrivere Bergen con i colori questi sarebbero il verde e il grigio. Il verde comprende tutto quello che si trova nei paragi, il grigio tutto quello che sta al di sopra del "prato in mezzo alle montagne". Il cielo è immenso e silenzioso. Le nuvole incombono e si espandono lentamente. Basse e fitte, coprono le cime delle montagne, si sfumano e svaniscono in mezzo ai sempreverdi. Ma dopo mezz'oretta tutto finisce, si ha quella sensazione della "quiete dopo la tempesta, col venticello fresco e delicato che entra in camera e torna quella poca luce che traspare dalle nubi, prima di sparire dietro le alture.
"Heaven cries over Bergen" (Over Bjoergvin graater himmerik, Taake quotation). E' proprio una bella metafora per descrivere l'enorme e continua quantità di acqua che si riversa sulla città e allo stesso tempo quella leggera sensazione di malinconia e desolazione, che sa un po' di luogo abbandonato a se stesso ma allo stesso tempo unico e inimitabile.